Nati dall’errore calcolato della sperimentazione empirica, i lavori di Tommy Bonicelli palesano la doppia metafora dell’evoluzione e del cambiamento. Evoluzione continua dell’artista nella sua maturazione personale e professionale. Evoluzione del tempo e della memoria, che da esso è inscindibile, attraverso l’esempio edificante del viaggio.
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Nel quarto volume di Alla ricerca del tempo perduto, Proust si riferisce alla memoria e alla sua funzione:
Non è inutile un po’ d’insonnia per apprezzare il sonno, per proiettare un po’ di luce in quella notte. Una memoria senza cedimenti non è un eccitatore molto potente per studiare i fenomeni della memoria.
Nelle opere di Tommy Bonicelli i volti perdono la propria fisionomia, gli spigoli si ammorbidiscono, le luci si sfumano, esattamente come accade ai nostri ricordi che, evocazione dopo evocazione, diventano meno precisi, quasi trasparenti…
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Con le colle Tommy Bonicelli
modifica personaggi e paesaggi, “modelli molli”, che conferiscono all’oggetto una rinnovata versione del proprio essere. E’ questa una dimostrazione quasi filosofica della perdita del senso concreto della realtà: rappresentazione delle differenti condizioni percettive, che la moderna psicologia interpreta come momento della memoria.
E’ proprio la memoria che l’autore intende fissare in un contesto atemporale: prima rievoca fotograficamente le immagini, poi le sommerge in una stratificazione quasi archeologica. Talvolta la realtà traspare nella sua immutabile oggettività, talaltra si deforma e assume i contorni sfumati del sogno, quasi una ricostruzione figurale della psyche umana, dei meccanismi misteriosi attraverso i quali conserva o stravolge i dati dell’esperienza, per restituirli poi come elementi nuovi e costitutivi di una personalità in costante evoluzione.